Glossario

Attribuzione

L’attribuzione è il modo in cui si assegna il merito di una conversione ai diversi canali digitali che hanno contribuito a generarla. Ogni volta che un utente compie un’azione importante — un acquisto, una richiesta di contatto, una registrazione — dietro c’è quasi sempre un percorso fatto di più passaggi: ricerca su Google, click su un annuncio, visita a un post social, ritorno diretto sul sito. L’attribuzione serve a capire quale di questi passaggi ha avuto più peso.

Perché conta

Senza un modello di attribuzione chiaro, si rischia di investire budget su canali che sembrano performare bene ma che in realtà sono solo l’ultimo gradino di un cammino iniziato altrove. Sapere dove nasce davvero l’interesse permette di distribuire meglio risorse e messaggi. È un po’ come dare medaglie in una staffetta: premi solo chi taglia il traguardo o anche chi ha spinto forte nelle frazioni precedenti?

Nel lavoro su un sito web

Quando si progetta o si gestisce un sito, l’attribuzione non è un dettaglio tecnico ma un criterio di valutazione. Se una web agency come The Rope cura una campagna di advertising, non basta vedere quante vendite arrivano dall’annuncio. Bisogna leggere i dati incrociando fonti diverse: newsletter, contenuti organici, referral da altri portali. Solo così si capisce quale parte del sito e quale canale esterno hanno realmente convinto l’utente.

Come una web agency può valorizzarla

Una gestione attenta dell’attribuzione permette di costruire strategie più precise. Significa scegliere modelli di analisi adeguati — lineare, a decrescita temporale, basato sui dati — e adattarli al tipo di business. In pratica, vuol dire sapere se dare più importanza al primo contatto che ha fatto scoprire il brand o all’ultimo tocco che ha portato alla conversione. The Rope, ad esempio, può sviluppare dashboard personalizzate che mostrano in tempo reale come ogni canale contribuisce al risultato, aiutando il cliente a capire dove investire.

Errori da evitare

Il più comune è affidarsi ciecamente al modello predefinito delle piattaforme pubblicitarie, che di solito privilegia l’ultimo click. Così si sottovaluta tutto il percorso precedente. Un altro errore è non aggiornare i modelli quando cambiano le abitudini degli utenti: ciò che funzionava due anni fa può non valere più oggi. Infine, non bisogna mai guardare solo ai numeri senza considerare il contesto: un canale può sembrare meno performante ma avere un ruolo fondamentale nella costruzione della fiducia.

Esempio pratico

Immagina un utente che vede un annuncio su Instagram, salva il post ma non clicca subito. Dopo qualche giorno cerca il marchio su Google, entra nel sito, legge due articoli del blog e se ne va. Una settimana dopo riceve una newsletter e finalmente compila il form di contatto. Se ci si fermasse solo all’ultimo passo, sembrerebbe che la newsletter abbia fatto tutto. Con un modello di attribuzione più ampio, invece, si riconosce anche il contributo di Instagram e della ricerca organica, scoprendo il vero percorso che ha portato alla conversione.